Un approccio clinico ai problemi familiari

È il titolo del seminario tenutosi il 16 Aprile 2005 a Conversano (Ba) presso la Sala Convegni del Monastero di San Benedetto: di seguito una panoramica dei contenuti affrontati.

Famiglie facilitanti e famiglie disfunzionali
nella crescita del bambino

Si può pensare ad un bambino sano in un ambiente che non lo è?

L’ambiente è considerato, come sottolinea D. W. Winnicott, parte integrante della crescita di un bambino e la sua caratteristica è essere un ambiente sufficientemente buono o un “ambiente facilitante”.

Un ambiente è sufficientemente buono quando tende ad adattarsi ai bisogni individuali del bambino ed è capace di facilitare, in base alle sue tendenze innate, il suo sviluppo.

Le parti centralizzate di questo ambiente sono:

  • una madre capace di sopperire ai bisogni individuali del proprio figlio;
  • il padre come complemento della funzione materna;
  • la famiglia, che risulta essenziale nell’introdurre il bambino, con graduale complessità man mano che cresce, al principio di realtà e nel restituirlo a se stesso.

Queste parti dell’ambiente devono assicurare continuità all’esistenza del bambino e solo grazie al senso di continuità può realizzarsi in esso il significato del sé, del sentirsi reale e dell’esistere.

Il trauma è una frattura nella continuità dell’esistenza del bambino.

In che modo il bambino acquisisce il senso della famiglia e quali sono i codici di significazione affettivo-emozionali per il suo equilibrio psichico?

Partendo dall’approccio psicoanalitico che ci fa ricordare il singolo bambino, la sua angoscia, il bisogno che ha di un aiuto personale, il bisogno che ha di famiglia, dei vari gruppi scolastici e di tutti gli altri gruppi che conducono a ciò che chiamiamo società, diciamo che il senso della famiglia il bambino lo acquisisce innanzitutto tramite la continuità che crea l’atmosfera di base in cui il bambino si trova a vivere.

È chiaro che è la madre l’elemento fondamentale di tale acquisizione, vissuta dal bambino come controllo onnipotente, quasi come l’unica persona indispensabile alla sua crescita. Spesso la figura della mamma è rinforzata da quella della nonna o da altre figure femminili che ricalcano la necessità del vissuto materno, ossia, la figura materna viene duplicata.

Il padre entra a far parte del quadro familiare, in due modi diversi: fino ad un certo punto egli è una delle persone che riproducono la figura materna: i padri diventano molto più reali per i loro bambini nel ruolo di doppio della madre; in seguito lo stesso è interiorizzato dal bambino come padre severo, duro, inflessibile da un lato, che in circostante favorevoli e protettive diventa amato e rispettato. La figura paterna è rinforzata da altre realtà maschili: il nonno, lo zio, i fratelli grandi, etc…

L’immissione paterna nel vissuto del bambino segna che il gruppo familiare si è costituito.

Che cosa i genitori devono contenere del vissuto del proprio bambino onde evitare ostacoli nella crescita?

La coppia genitoriale deve ritenere punti essenziali della vita di un bambino:

  • la sua nascita che deve essere calda e accogliente;
  • lo svezzamento, che se è infelice influenza sfavorevolmente il rapporto del bambino con gli oggetti e il suo modo di ricavare piacere;
  • l’apprendimento del codice igienico che per Ferenczi è indispensabile per la formazione del carattere.

Quali sono le figure parentali che non garantiscono una buona crescita del bambino?

Citiamo alcune categorie fondamentali:

  • la madre ansiosa;
  • la madre caotica;
  • la madre assente;
  • il padre che appare come figura severa, senza essersi guadagnato il diritto di essere tale;
  • genitori che litigano.

Altre cause che determinano disturbi nella crescita e che attivano il “complesso di deprivazione” nel bambino sono situazioni in cui il gioco è insufficiente, bambini che hanno ricevuto agli inizi cure abbastanza buone ma che hanno subìto un’interruzione nella continuità delle cure offertegli. Spesso da queste cause derivano nei bambini tutta una gamma di comportamenti antisociali, bambini che rubano per implorare affetto e che regrediscono in una serie di sintomi psicosomatici.

La presenza di manifestazioni somatiche nel bambino ci porta a ricercare l’agente patogeno intrafamiliare. Tra le cause più probabili si evidenziano:

  • malattie e perdite di uno dei genitori;
  • aggressioni fisiche all’interno della famiglia;
  • separazioni dei genitori;
  • genitori assenti a livello emotivo-affettivo, benché presenti fisicamente;
  • genitori richiedenti, passivi o rifiutanti.

Quando ci dobbiamo preoccupare, ossia quando le condotte sintomatiche diventano condotte a rischio?

Gli indicatori sono:

  • la ripetizione di una condotta sintomatica, per esempio il bambino che ha spesso mal di testa;
  • la durata di una stessa condotta per un periodo dai tre ai sei mesi o più;
  • il cumulo delle manifestazioni di sofferenza o la lamentosità legate al sintomo;
  • la copresenza di due o più sintomi per esempio mal di testa a cui si associa sudorazione o pianto.

Questa breve panoramica permette già di comprendere che conoscere sempre di più le cause di un disturbo infantile e avere quella giusta consapevolezza significa per il genitore poter neutralizzare molte cause disfunzionali e il prendersi cura del proprio figlio diventa un suo diritto ma anche una certezza.

Bibliografia consigliata

Marcelli D., Braconnier A.: Adolescenze et Psychopathologie. Trad. it.: Adolescenza e Psicopatologia, Masson, 2000.
Winnicott D.W.: Home is where we start from. Trad. it.: Dal luogo delle origini, Raffaello Cortina Editore, 1990.
Winnicott D.W.: Playing and Reality. Trad. it.: Gioco e realtà, Armando Editore, 2004.