Se il genitore non vede

L’educazione e la pedagogia curativa messe in campo dai genitori si propongono di vigilare sulla crescita di un figlio affinché certe disposizioni e tendenze dello stesso non si trasformino in sintomi patologici. Esse rappresentano spesso una prima profilassi rispetto all’insorgere di una patologia più tardiva, il cui valore cresce solo se il genitore possiede un’educazione psicoanalitica e “un occhio addestrato” a cogliere soprattutto quei sintomi latenti che spesso il bambino non manifesta. Se, al contrario, il genitore diviene sostegno del sintomo di suo figlio o ne spia, sempre e solo, il lato fisico, la crescita del bambino può essere seriamente compromessa proprio dallo stesso genitore.

S. Freud sottolinea che i genitori devono avere un “certo influenzamento analitico” e in un passo di analisi infantile lo stesso Freud dice:

Quando un bambino comincia a mostrare i segni di uno spiacevole sviluppo e diventa svogliato, testardo e distratto, il pediatra, e anche il medico scolastico, non sanno che cosa fare di lui; e così pure se il bambino presenta chiare manifestazioni nevrotiche, come stati ansiosi, anoressia, vomiti e insonnia. Questi sintomi nevrotici, e queste incipienti deviazioni del carattere, possono essere eliminati da un trattamento che unifichi l’influenzamento analitico e l’azione educatrice, e che sia condotto da persone che non disdegnino di occuparsi delle condizioni d’ambiente del bambino e che sappiano aprirsi la via conducente alla sua vita interiore. (…)

Indubbiamente la psicoanalisi ha ancora molti nemici; non so tuttavia con quali mezzi essi potrebbero impedire l’attività di questi analisti pedagoghi o educatori psicoanalisti.

Da: Freud, S. Il problema dell’analisi condotta da non medici, 1926, nelle “Opere di Sigmund Freud”, Vol. 10, Bollati Boringhieri, Torino.

Ma quali sono le manifestazioni nevrotiche che si oppongono alla maturazione psichica del bambino e quali gli ostacoli che non permettono ad un genitore di accorgersi di molte espressioni sintomatiche?

M. Klein riteneva che ai fini della diagnosi di nevrosi infantile occorresse prendere in considerazione le più svariate espressioni d’angoscia: non solo ossessioni e fobie, ma anche difficoltà dell’alimentazione, disturbi del sonno, enuresi, tic, instabilità psicomotoria. Ed ancora, l’inibizione ad apprendere, a giocare, a mostrare curiosità sessuale, l’intolleranza alle frustrazioni, la povertà della vita immaginativa e l’eccessivo adattamento alle richieste educative.

Queste valide indicazioni cliniche possono essere incrociate e integrate con insiemi di fenomeni da osservare nel bambino da 0 a 5 anni:

  • nel campo alimentare: appetenza, esigenze, passività, difficoltà di svezzamento o di slattamento;
  • nel campo dello stabilirsi della pulizia: data dei primi tentativi materni e modo di reazione del bambino, le sue sottomissioni, le ribellioni, i rituali;
  • nel campo delle acquisizioni verbali: rapidità dei progressi, “appetenza” nel vocabolario e nella sintassi;
  • nel campo motorio: tipo di evoluzione e sua rapidità, le reazioni del bambino davanti ai suoi fallimenti e i pericoli cui lo espongono la sua mancanza di destrezza, le sue paure e le sue audacie.

In particolare:

  • il continuo strillare e piangere del poppante, comportamenti incomprensibili per la madre e spesso spiegati con la convinzione che le reazioni del bambino sono dovute ad un’alimentazione insoddisfacente;
  • strillare prima di addormentarsi o in piena notte;
  • insonnie insolitamente tenaci;
  • rifiutare di usare qualsiasi gabinetto fuori casa, trattenendo piuttosto le urine per ore;
  • angoscia legata all’impatto con la scuola materna che si manifesta con violenti attacchi di paura e di urla;
  • interesse per le attività degli altri bambini e volontà di unirsi ai loro giochi, ma non riuscire a staccarsi dalla madre;
  • interrompere di tanto in tanto il gioco per verificare, in modo ansioso, la presenza della madre;
  • gioco in solitudine;
  • sentimento di gelosia verso il fratello/sorella, la cui nascita causa una percepibile sofferenza interiore, senza però alcuna espressione manifesta;
  • un misto di rabbia e di conquista trionfante, di irritabilità e di angoscia manifestato nei giochi e nelle libere attività;
  • forte intolleranza dell’ambiente;
  • fobie, ossessioni e cerimoniali che accompagnano la defecazione;
  • accessi d’ansia notturna;
  • piccoli cerimoniali dell’andare a dormire;
  • tic come espressione motoria di ossessioni.

È facile sentir parlare in questi casi di disadattamento del bambino – concetto già molto criticabile nell’adulto – senza alcuna utilità nella ricerca delle cause del sintomo, ma con riferimento esclusivo a parametri che sono propri dei genitori o del contesto ambientale. I sintomi sopra descritti non sono soltanto espressione di difficoltà psicologiche del bambino ad adeguarsi a un set di regole, ma esprimono la sua intolleranza verso l’ambiente in cui vive: si tratta di turbe del comportamento reattive a situazioni conflittuali e soprattutto modalità difensive infantili contro un ambiente inadeguato.

L’esperienza clinica insegna che l’espressione dei disturbi del bambino varia di molto in base alla tolleranza dei genitori: se questi reagiscono vivamente alle difficoltà dei loro bambini, il disturbo si allevia. Al contrario genitori ansiosi – esattamente come i loro figli – partecipano attivamente ai loro cerimoniali: accade così che sovente i genitori prestino una scarsa o scadente attenzione a rituali e terrori notturni dei loro bambini, mascherandone così i disturbi nevrotici.

Compito dei genitori è tentare di ridurre ed elaborare l’angoscia legata a questi sintomi, risolvere le inibizioni, mitigare la severità del Super-io arcaico, rendere il bambino più capace di insight e di affrontare i conflitti. È chiaro che se un genitore non ha gli strumenti per curare suo figlio può essere la stessa psicoanalisi infantile ad affrontare il problema, ma sempre in collaborazione con lo stesso e con la scuola: la capacità di penetrazione psicologica degli insegnanti e delle autorità della scuola sono di grande aiuto. In realtà una tale cooperazione con l’analista non è frequente e se avviene va elogiata senza indugi.

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