Non sono più un bambino! (I parte)

Man mano che il bambino cresce grazie alle cure materne, viene ricondotto dalla madre stessa ad una maggiore consapevolezza verso l’ambiente: in termini di energia o di carica libidica ciò significa che deve aver luogo un progressivo spostamento della libido dall’interno del corpo verso la sua periferia.

Il bambino deve scoprire il mondo, superando il suo più grande desiderio: quello di restare incollato alla madre e al suo utero in uno stato di indifferenziazione e fusione, con conseguente allucinazione delirante del desiderio.

La simbiosi tra madre e figlio rappresenta la più grande minaccia per lo sviluppo del bambino: ciononostante il vissuto emozionale delle madri si rivela spesso inadeguato ad avvertire la necessità dei figli di separarsi da loro. Ci sono madri che amano i propri figli con modalità scandalose, perdonando incessantemente i loro errori, le loro colpe e loro pazzie: con loro spesso il bambino esagera con sfide impossibili certo che non gli potrà accadere nulla, perché lei è lì sempre pronta ad “amarlo”.

Per il bambino diventare ragazzino, adolescente o uomo significa innanzitutto “allontanarsi dalle sottane della madre”: questa istanza si reitera in ciascuno dei passaggi della sua vita. Più il legame con la madre è profondo e più prenderne le distanze può comportare conflitti duri da risolvere. Paradigmatica è la sorte di tanti emigrati che, dopo aver fatto scelte di matrimonio e figli, vivono improvvisamente un forte impulso a tornare nel proprio luogo natio e vivere vicino alla propria madre.

Certo il bambino nei primi anni di vita, ossia tra l’anno e mezzo e i tre-quattro anni, vive l’angoscia di separazione quando la propria madre si allontana per lasciarlo all’asilo o a scuola, e questo timore che la propria madre scompaia se lo porterà, in forma conscia o latente, per l’intera sua esistenza.

La possibilità che la madre si allontani o, nel peggiore dei casi, muoia, trasforma all’individuo, bambino o adulto che sia, la visione del mondo rendendola cupa e spesso sconvolta. Si pensi a coloro che ripercorrono luoghi vissuti in passato con la propria madre, e che rivivendoli senza di essa non ritrovano lo stesso antico fascino vissuto in un viale, in una cascina o in un castello della propria città, ma vedono solo mucchi di pietre e marmo simili a tanti altri. Forse in quell’istante si faranno rapire da sensazioni diverse, più adatte ad avvicinarli all’immagine interiore materna: un pescatore che fissa il mare fermo sulla sua barca, una antica melodia o la semplice visione di un oleandro.

Per il bambino diventare grande significa mostrare un forte narcisismo sotto forma di aggressività, in quanto egli è teso a realizzare la conquista di un posto “fuori dal proprio sé”. Winnicott pone questo movimento di conquista alla base di ogni sviluppo, in particolare nella fase adolescenziale: esso rappresenta l’uccisione simbolica dell’immagine interiorizzata dei genitori emersa durante l’infanzia, ossia la rappresentazione elaborata dal bambino dei propri genitori.

Ma a questo processo è proprio la stessa madre che pone dei limiti spesso visibili in quella insostenibile ansia che prova nel sentirsi abbandonata dal proprio figlio ormai adolescente. Di qui le repentine oscillazioni di umore della madre, il suo precipitarsi in rigide forme di educazione risalenti all’infanzia, o, peggio, l’invocazione imbarazzante di un padre che dia la regola, improvvisamente dotato dalla stessa madre di una identità posticcia, più simile invero ad una caricatura di padre virile senza una identità.

Frasi pronunciate dal suo adorato figlio simili a: “Mamma sei cattiva!”, o ancora “Non ti voglio più bene!”, sono spesso modi che il bambino vive per non sentirsi più “legato alla sottana della madre”. La stessa però non gradisce quasi mai queste formule, e le giudica moralmente, non percependo la fantasmatica di allontanamento che il bambino sta inscenando come in uno psicodramma. In questi casi se è giusto che la madre rettifichi il contenuto della comunicazione del bambino è anche indispensabile che comprenda il profondo senso della sua comunicazione.

Lascia un commento

La tua email non sarà mai pubblicata. I campi obbligatori sono contrassegnati da *

*
*