No, l’autismo no!

La “sindrome dell’autismo infantile” è stata individuata e introdotta da Leo Kanner nel 1944. Inizialmente Kanner considerava tale sindrome come un’incapacità in molti casi innata di stabilire un contatto affettivo, in seguito numerosi lavori – compresi quelli dello stesso autore – hanno attribuito l’autismo ad un rifiuto materno e a forti anomalie della relazione madre-bambino.

In effetti, il sintomo più evidente è che la madre, come rappresentante del mondo esterno, non viene affatto percepita come tale dal bambino e non sembra rappresentare un punto di riferimento o, come dice M. Mahler, un faro vivente di orientamento nel mondo della realtà.

A questo si aggiunge un bambino che:

  • “fa il sordo” verso la madre e il mondo intero (M. Mahler);
  • ha difficoltà a ridere (B. Bettelheim);
  • si allontana dalla madre in modo attivo, specifico e acquisito (M. Mahler);
  • ha difficoltà a stabilire relazioni normali con le persone (D. Sauvage);
  • ha un isolamento che fa trascurare, ignorare, rifiutare tutto quanto il bambino può ricevere dall’esterno (D. Sauvage);
  • vive un desiderio che tutto resti immutato (D. Sauvage);
  • utilizza in maniera peculiare, insolita, inadeguata degli oggetti (L. Hameury);
  • ha disturbi massicci dello sviluppo e dell’utilizzazione del linguaggio (P. Lenoir);
  • si crea (e lo fa) un suo mondo assolutamente ristretto e cerca di rinchiudervisi (M. Mahler);
  • ha un desiderio ossessivo di preservare l’immutabilità (M. Mahler);
  • mostra una preoccupazione stereotipata per pochi oggetti inanimati o per modelli di azione, verso i quali egli mostra gli unici segni di attaccamento emotivo (M. Mahler);
  • ha un apparente stato di contentezza autosufficiente, purché lo si lasci stare (M. Mahler);
  • mostra un’incredibile lotta contro qualsiasi richiesta di contatto umano o sociale (M. Mahler);
  • presenta abitudini aggressive, come picchiare il capo, mordersi, farsi male in altro modo o mutilarsi (M. Mahler);
  • mostra i denti quando è irritato o in collera (B. Bettelheim);
  • spesso costruisce tane in angoli bui o dentro gli armadi, non vuole dormire in nessun altro posto e preferibilmente vi rimane tutto il giorno e tutta la notte (B. Bettelheim);
  • si prepara delle grotte con coperte, materassi e altro materiale idoneo e non permette a nessuno di toccare sé o i propri rifugi (B. Bettelheim);
  • si comporta come se fosse totalmente insensibile al caldo e al freddo (B. Bettelheim);
  • mostra diversa sensibilità al dolore (B. Bettelheim).

L’anamnesi di questi bambini presenta descrizioni del loro primissimo comportamento tra le quali si rilevano l’affezionarsi al seggiolone, a un giocattolo o a qualche altro oggetto inanimato.

Secondo M. Mahler le madri descrivono il comportamento dei loro bambini in questo modo:

  • “Non sono mai riuscita a sentire vicino il mio piccolo”;
  • “Non mi ha mai sorriso”;
  • “Appena ha potuto camminare, è corso via”;
  • “Mi faceva tanto male vedere altri bambini felici nelle braccia della madre mentre il mio cercava di sgusciare via appena poteva”;
  • “Non mi faceva mai le feste quando entravo nella stanza, non piangeva se me ne andavo e anzi non si accorgeva neppure che ne uscivo”;
  • “Non è mai stata una di quelle bambine che si fanno coccolare, non le è mai piaciuto essere accarezzata, non ha mai voluto che qualcuno la abbracciasse o la baciasse”;
  • “Non mi ha mai chiamata in aiuto”.

Se i bambini autistici continuano a vivere nell’ambiente inanimato, statico e molto ristretto, essi inizieranno a comportarsi come maghi onnipotenti.

Il tratto più evidente è che essi sono completamente muti in quanto parlano e comandano a gesti e segnali l’adulto “perché funzioni da estensione esecutiva di tipo meccanico semianimato o inanimato, quasi fosse un interruttore o una leva di una macchina”(M. Mahler). La presenza di alcuni familiari nella stanza di questi bambini impedisce loro di fare qualunque cosa, persino di volgere la testa o di muoversi minimamente, scambiandosi di posto o girandosi dalla parte opposta. Anche uno sguardo nella loro direzione li fa adombrare. Vogliono stare soli e sfuggono il contatto umano nel modo più totale. Se gli adulti si avvicinano, subito fanno smorfie, mostrano i denti, come per scoraggiare l’eventuale contatto o la possibile presenza.

Il loro tratto comportamentale più generalizzato è la reazione panica da cui sono sopraffatti alla minima interferenza dall’esterno.

Qual è il fattore psicogeno dell’autismo?

I bambini autistici hanno un atteggiamento difensivo volto a non riconoscere l’oggetto d’amore primario vivente, la madre: per essi la madre funzionalmente non esiste e questa assenza di legami emotivi non permette di affrontare la complessità degli stimoli esterni e delle eccitazioni interne.

I genitori spesso raccontano che questi bambini non sentono le loro comunicazioni, tanto che spesso essi preferiscono credere che il loro bambino è sordo o duro d’orecchi.

Spesso per fare una prima diagnosi di prova si può far cadere vicino al bambino un oggetto di metallo in modo da produrre un forte rumore: il bambino autistico si comporta come se non avesse sentito nulla… Questa mancanza di reazione (non vi è nessun sobbalzo) è un tipo di rifiuto allucinatorio negativo della percezione e non una vera e propria sordità, il che è provato dal fatto che se si mette in moto un giradischi e si fa suonare un’aria nota al bambino egli si volta e ascolta con attenzione rapita. Può perfino darsi che si metta a muoversi ritmicamente, a battere il tempo o perlomeno a guardare affascinato il girare del disco, del quale solo il suono lo ha reso consapevole. (M. Mahler).

Molti casi citati da Kanner riguardano bambini figli di genitori con un alto livello intellettivo e culturale, ma molti bambini autistici provengono da famiglie non intellettuali, di classe medio-bassa o di cultura molto modesta.

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