Mio figlio tiranno

S. Freud sottolinea che ogni bambino passa attraverso un periodo di nevrosi infantile. M. Klein ci mostra che il primo sviluppo infantile abbraccia due fasi in cui insorgono ansie di natura psicotica, cioè fantasie e sentimenti deliranti, sia persecutori che depressivi. Normalmente il bambino, crescendo, guarisce perfettamente, in caso contrario egli porterà tracce nella vita adulta e a un certo punto presenterà una nevrosi manifesta. Psicosi nella fase adulta si trovano, come K. Abraham dimostrò per primo, perché già esistenti nella prima infanzia.

Spesso bambini molto piccoli, all’opposto di fratelli e sorelle, dimostrano una spiccata indomabile mania di grandezza: si allontanano dai bambini vestiti meno bene per giocare solo con quelli che appartengono a famiglie più agiate; al contempo a scuola nutrono subito invidia verso coetanei che hanno cose più belle delle loro. Il desiderio di potersi misurare con i compagni più fortunati non concede tregua e trova espressione in attività spesso illecite.

Spesso a scuola mostrano spiccato talento, ma a quanto sembra questo serve essenzialmente a sentirsi particolarmente notato o prediletto dall’insegnante. Gli insegnanti parlano di loro come di bambini dotati di mania di grandezza.

In molti casi da adulti questi individui vivranno avventurosi vagabondaggi, contrarranno debiti fraudolenti, commetteranno azioni punibili, lasciando conti da pagare e truffando in svariati modi.

Cercando di capire il tipo di disturbo psichico di questi ragazzi, non si può parlare di deficienza intellettuale, in quanto spesso si ha a che fare con soggetti dotati di una intelligenza superiore alla media. La deviazione dalla norma consiste esclusivamente nel comportamento sociale: essi hanno un disturbo profondo nella vita affettiva, da cui derivano impulsi antisociali.

Abraham parla di casi del genere come casi di deficienza etica. Ma quali sono gli enigmi psicologici che dobbiamo risolvere per capire come si forma una deficienza etica?

Da piccoli questi individui non si sono mai sentiti amati, anzi sono stati osteggiati spesso da entrambi i genitori, a cui si possono aggiungere sorelle e fratelli con lo stesso e identico atteggiamento. Spesso sono nati come ultimi figli, o molto tardi rispetto ai fratelli o al matrimonio stesso. Non sono viziati, anzi al contrario la loro nascita ha rappresentato un aggravio del bilancio familiare, ossia una bocca in più da sfamare: spesso sono figli di genitori ormai stanchi per essere nuovamente madri e padri, con ruoli atrofizzati dall’età, da esperienze stanche o mai vissute in giovinezza.

Il comportamento sociale successivo di questi ragazzi rappresenta in ultima analisi la reazione psichica a queste impressioni della prima infanzia. Si deve qui ricordare uno dei presupposti più validi della verificata esperienza psicoanalitica, secondo la quale un bambino raccoglie le sue prime esperienze amorose ed impara egli stesso ad amare in relazione alle persone che lo circondano nei primi anni di vita.

In condizioni come quelle appena descritte, il futuro adulto non può sviluppare un soddisfacente amore oggettuale. I suoi primi tentativi di investire con la sua libido gli oggetti umani a lui più vicini falliranno necessariamente, e spesso saranno sostituiti da cattivi investimenti narcisistici che produrranno una forte predisposizione all’odio contro gli oggetti.

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