L’iperattivo domato

Ancora una volta torniamo sul tema dell’iperattività nei bambini e nei ragazzi, partendo dall’idea che:

  1. è difficile dare una definizione univoca di che cosa sia l’iperattività in un bambino, perché tutti i sintomi si trovano anche negli altri bambini, definiti normali o addirittura molto dotati;
  2. ancora oggi non esiste una classificazione specifica e certa del fenomeno e una definizione esatta del disturbo: la prima formula ADS (Attention-Deficit Sindrome), detta anche ADD (Attention-Deficit Disorder), è diventata ADHD (Attention-Deficit Hyperactivity Disorder); ma sono altresì in uso definizioni come sindrome ipercinetica, disfunzione cerebrale lieve, DAMP (Deficits in Attention, Motor control and Perception), disturbi dell’apprendimento, irrequietezza e di recente anche espressioni bizzarre quale bambino indaco;
  3. la diagnosi è controversa: Thomas Armstrong, nel suo libro Das Märchen vom ADSH-Kind, sostiene che questa diagnosi serve a costringere i bambini a comportarsi in un certo modo; il medico Peter Breggin, nel suo libro Talking back to Ritalin rifiuta in toto la diagnosi e la relativa terapia farmacologica, considerandola come una giustificazione della violenza sui bambini al fine di renderli docili. Più vicini alla soluzione sono quei medici che, come Stanley Greenspan, accettano l’esistenza del problema e la sua diagnosi, sottolineando tuttavia quanto questi siano – “stranamente”, si può liberamente aggiungere – amplificati. Greenspan, in particolare, considera molti sintomi dell’iperattività come reazioni di adattamento alla frenesia della società moderna.
  4. si rifiuta un approccio psicoanalitico che possa orientare genitori ed educatori alla spiegazione del problema e quindi alla prevenzione del comportamento patologico del bambino/ragazzo: per esempio, un terapeuta preparato e coscienzioso che ipotizza che sotto un comportamento iperattivo si nasconda una tendenza aggressiva o distruttiva i cui germi patogeni possono risalire fino alla primissima infanzia provoca una sicura presa di distanze, e il più delle volte si sente rispondere che “tutto questo aggiunge confusione in un mondo già caotico”. È paradossale d’altra parte essere costretti ad osservare che se, al contrario, la diagnosi è formulata addirittura dallo stesso insegnante la terapia diventa un obbligo assoluto.

I criteri normalmente usati per definire iperattivo un bambino/ragazzo, per quanto incerti, sono saldamente ancorati al fatto che egli:

  • dorme poco;
  • è euforico, irrequieto, sovreccitato, spesso cocciuto e aggressivo fino alla violenza fisica, interrompe di continuo, si immischia dappertutto, è troppo su di giri per chi lo circonda;
  • ha scarsa capacità di autocontrollo da cui deriva un notevole eccesso di movimento, che porta ad ogni sorta di disastri e si ripercuote negativamente, ad esempio, nella grafia;
  • non governa le emozioni e i rapporti sociali: l’impressione è quella di un bambino che non ha pace, esposto senza difese ai suoi bisogni e impulsi del momento, che può essere distratto in ogni istante ma al contempo respinge con energiche proteste ogni tentativo di controllo e guida che proviene dall’esterno;
  • quasi la metà di questi bambini possiede un lessico più ampio della media e sa usarlo da virtuoso per tartassare gli adulti con domande troppo complesse per la sua età;
  • ha una memoria straordinaria unita ad uno spiccato senso della giustizia, e rinfaccia di continuo agli adulti una qualche ingiustizia;
  • si pone verso l’ambiente che lo circonda in un atteggiamento di esasperante perfezionismo, tratto comune al bambino molto dotato;
  • è spesso di enorme disturbo ed infastidisce non poco i genitori, specie se questi ultimi preferiscono vivere tra abitudini consolidate e regole rigide;
  • vive con molta intensità la fase dell’opposizione che può prolungarsi fino all’età adulta, unita a volte all’ostinazione e all’abitudine a mentire e a rubare.

A questo punto alcune riflessioni.

Come mai questi bambini così irrequieti scelgono improvvisamente di calmarsi quando siedono per ore davanti ad una playstation?

C’è poi tanta differenza tra il bambino iperattivo e il cosiddetto “bambino griffato”, oppure il bambino che mostra una bramosia patologica e morbosa verso gli oggetti? La differenza risiede esclusivamente nel modo di esprimere, restando il contenuto ugualmente patologico nel primo, come nel secondo e nel terzo caso: di fatto però solo il primo è percepito socialmente come un grave problema, gli altri invece no. Sono forse funzionali al sistema consumistico globale senza regole dei Paesi industrializzati e al loro PIL . Oppure ancora non si è “scoperto” un farmaco per il bambino griffato o morboso!

I cosiddetti bambini iperattivi sono sempre in movimento e fanno diventare matti tutti gli altri. Ma in un adulto questa caratteristica prende il nome di flessibilità: una glorificata attitudine a muoversi e operare freneticamente che sembra necessaria ed indispensabile alla vita moderna e che fa diventare matti anche noi.

I cosiddetti bambini iperattivi vogliono tutto e subito, non conoscono l’attesa. Ma chi oggi non ha bisogno di tecnologie sempre più veloci, di computer da cambiare, di telefonini che dopo un mese di acquisto non soddisfano più, di una grande quantità di prodotti istantanei, pratici e veloci, relegando la effettiva qualità del prodotto/servizio all’ultimo posto? Chi ha educato il proprio figlio secondo la logica dei piatti pronti, dei fast-food, dei centri commerciali stracolmi di stimoli violenti come sostituti di una passeggiata al parco, di quei mobili comprati ieri e già oggi considerati roba vecchia e da sostituire di corsa, non deve meravigliarsi di avere un figlio iperattivo, perché questo bambino è fortemente coerente con la logica genitoriale.

I cosiddetti bambini iperattivi non sanno relazionarsi, sono egocentrici e ignorano la pulsione sociale. Ma gli adulti hanno trasferito la propria vita davanti a televisore, internet e compagnia bella, rinunciando con ciò a capire i vissuti emozionali degli altri, bollati come pesanti e noiosi, e diventando sempre più freddi e disincarnati di fronte alla sofferenza e al dolore.

E così avanti all’infinito a considerare sempre più analogie tra il fare adulto patologico e quello infantile.

È beffardo il destino di un bambino diagnosticato iperattivo o con sindrome ipercinetica il cui padre è un bancario che si interessa al denaro ed è chiuso a tutto il resto, dedica poco e nulla a moglie e figli perché non ha tempo, vive in continuo movimento e confonde lo stare dentro la famiglia con lo stare fuori, e per questo la famiglia non può toccarlo e forse ha dimenticato perfino le sembianze del suo volto: è pieno fino all’orlo di proprie tematiche legate soprattutto alla professione e passa da un ritmo frenetico ad un altro. Il figlio è una vera vittima designata e nulla vieta di pensare che esprima il sintomo che proviene dal padre, ma che il padre non ha neanche più la voglia e il tempo di riconoscere in se stesso.

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