Le manifestazioni ossessive nel bambino

La prima domanda che una madre si pone quando vede dei rituali che si ripetono nel suo bambino è volta a dare un nome a queste manifestazioni, per riconoscerle e curarle. Sapere che spesso questi rituali con carattere coatto e ripetitivo, che il bambino mette in atto nel suo agire quotidiano, sono manifestazioni di tipo ossessivo è fondamentale per intraprendere strategie di intervento appropriate.

Già S. Freud, in Al di là del principio del piacere (1920), riporta l’esempio del lattante che ripete indefinitamente lo stesso gioco: far cadere un oggetto per ottenere che sia raccolto dalla madre. Questo autentico rituale diviene prevalente nella condotta di molti lattanti nell’ultimo trimestre del primo anno di vita e si manifesta con una incessante ripetizione e con scoppi di giubilo come espressione di soddisfazione quando la madre riporta l’oggetto al bambino.

Da questi giochi stereotipati o ritualizzati ne emerge uno: mettere in bocca l’oggetto e farlo cadere, ripetendo il gesto all’infinito. Queste forme di gioco rappresentano nel bambino la voglia di incorporare a livello orale l’oggetto, ossia inghiottirlo, ma la ripetizione dell’atto segna anche il desiderio di risputarlo per poi rimetterlo nuovamente in bocca. È questo il momento in cui l’incorporazione dell’oggetto che rappresenta propriamente il primo rapporto con gli oggetti di amore, può diventare ambivalente in quanto elementi di amore e di odio successivi sono contenuti nello stesso gesto: la brama di possedere l’oggetto, ma anche contemporaneamente la brama di distruggerlo. È da questa incorporazione primaria ambivalente che il bambino è spinto verso l’oggetto da amore ma anche da odio.

I rituali che tendono maggiormente a radicarsi non sono tanto quelli della fase orale, appena descritti, quanto quelli che si presentano nel momento in cui la madre impone al bambino i primi sforzi per l’addestramento alla pulizia. Può accadere così che il piccolo:

  • non voglia fare i suoi bisogni nel proprio vasino;
  • rifiuti di fare la pipì fuori di casa sua;
  • rifiuti di toccare il proprio pene durante la minzione;
  • ricorra a un vero e proprio cerimoniale per defecare, raccontandosi ad esempio storie interminabili.

Il bambino attua questi rituali in maniera quasi del tutto automatica, né con ansia né con angoscia – se queste ultime emergono sono alquanto superficiali – e di solito sono vere e proprie pseudonevrosi ossessive, ossia piccole manifestazioni ossessive presenti in bambini perfettamente normali, spesso contemporanee ai progressi della motricità e del linguaggio (J. Piaget).

Ma è a partire da questo periodo, contemporaneo appunto all’addestramento alla pulizia, che si possono rivelare vere manifestazioni ossessive in bambini, accompagnate da un seguito di manifestazioni ansiose, specie se le loro madri sono esse stesse ansiose o perfezioniste, presentando esse stesse i ben noti tratti di carattere di tipo ossessivo.

Esiste un film molto eloquente di Margaret Fries che mostra come la condotta materna ansiosa influisca fin dai primi addestramenti all’alimentazione, al camminare, alla pulizia, sulla strutturazione di un’ansia grave nel bambino; lo stesso Spitz ha mostrato più volte l’importanza delle correlazioni tra l’ansia materna e l’ansia infantile precoce.

È naturale che una madre ansiosa e quindi insicura dia al proprio figlio un addestramento rigido, sistematico e precoce del controllo sfinterico e da ciò si possono originare nel bambino numerosi tic e abitudini ossessivi, o la stessa madre spesso inconsciamente procuri dei traumi infantili legati alla pratica ripetuta e rigida di lavaggi anali o di comportamenti facilitatori di impulsi anali (quale l’uso frequente e inappropriato di supposte) e ciò costituisce l’origine delle nevrosi ossessive gravi evidenti non tanto nell’infanzia ma visibili chiaramente nella fase adulta.

Nel corso del terzo anno di vita si possono ancora distinguere rituali quasi normali da sintomi a carattere ossessivo già molto più significativi e più gravi.

Sono manifestazioni ossessive meno gravi: la paura di fare brutti sogni in cui il bambino con una serie di rituali richiede la presenza della madre. In questi casi il bambino è generalmente incapace di spiegare come sono i suoi brutti sogni, a volte parla genericamente di animali che lo attaccano.

In alcuni bambini si evidenziano piccoli rituali notturni che possono essere impressionanti, ma che in genere sono piuttosto divertenti e ben tollerati dai familiari. Il piccolo:

  • esige di andare a letto col suo orsacchiotto;
  • non può dormire senza succhiare il pollice;
  • si stropiccia l’orecchio;
  • accarezza un oggetto di pelliccia o succhia un angolo di stoffa per potersi addormentare.

In queste situazioni possono comparire vere e proprie fobie serali: il bambino ha dei terrori notturni e teme di averne, tenta di farsi rassicurare dai suoi genitori e le sue fantasie hanno spesso un aspetto di compensazione.

Qui l’atteggiamento dei genitori è fondamentale e può avere una certa influenza sull’evoluzione di questi piccoli rituali tradizionali del coricarsi:

  • se i genitori sono tolleranti;
  • se la madre non esita a cantare la canzone o a raccontare la favola tanto attesa, a lasciare la lampada accesa, a lasciare la porta della camera socchiusa;

il bambino si addormenta tranquillamente ed i suoi rituali non sono generalmente molto duraturi.

Al contrario:

  • l’intolleranza dei genitori;
  • genitori perfezionisti che si mostrano particolarmente aggressivi davanti alla paura del bambino e alle manifestazioni reattive che essa determina;
  • madri ansiose;

portano i propri figli a reagire generalmente con esigenze sempre maggiori al fine di mascherare una paura sempre più assillante.

A partire da questo periodo, durante tutta l’evoluzione edipica e vale a dire all’incirca fino all’età di cinque anni, si possono manifestare sintomi di tipo ossessivo grave.

In questa fase, l’Io del bambino può presentare:

  1. Abitudini ossessive;
  2. Tic ossessivi.

Le abitudini ossessive sono sintomi dal significato in apparenza benigno: per esempio può trattarsi del prolungamento di rituali dei periodi precedenti.

Le più frequenti sono:

  • succhiare il pollice;
  • mangiare le unghie;
  • mordere l’estremità delle matite.

Queste abitudini possono mostrare un carattere ossessivo se diventano rituali strutturati; se saltuari invece esprimono l’opposizione ai genitori.

In questo periodo si possono anche mettere in evidenza piccole manie, a volte passeggere e a volte durevoli, il cui significato dev’essere in ogni caso sempre discusso. Il bambino che colleziona francobolli non presenterà necessariamente una nevrosi ossessiva, tutt’altro: saremmo invece più preoccupati di quel bambino che colleziona per anni numerosissime categorie di oggetti perlopiù insignificanti, quali tappi, carte, biglietti d’autobus e altro.

I tic ossessivi sono sintomi che compaiono spesso nel bambino soprattutto instabile e non sono necessariamente indizi del costituirsi di una nevrosi ossessiva. Quando invece appaiono molto legati all’espressività, in particolare alla fonazione, si può temere che siano l’equivalente di un sintomo ossessivo.

I tic più gravi sono quelli isolati, espressivi e fortemente simbolici, come tic d’inginocchiamento o di coprolalia.

I più frequenti sono:

  • manifestazioni di opposizione alla famiglia o alla scuola;
  • bambini che prima di andare a letto si assicurano che le porte siano chiuse;
  • bambini che domandano alla madre a più riprese se non ha dimenticato di chiudere il gas;
  • bambini che non possono dormire se non hanno controllato che la loro cartella sia pronta per la lezione dell’indomani;
  • bambini che guardano spesso sotto il letto per assicurarsi che non vi sia un aggressore;
  • bambini che collocano il guanciale in un modo particolare ed a più riprese verificano che le lenzuola non abbiano pieghe;
  • bambini che si addormentano a stento, spesso in preda ad idee ossessive concernenti la loro salute e quella dei familiari;
  • bambini che si abbandonano a esami di coscienza ripetuti;
  • bambini che contro l’ansia istituiscono diversi meccanismi tra i quali domina la fuga in fantasie a tema guerresco nei maschietti, e di racconti di fate nelle fanciulle.

Si considerano come tic ossessivi:

  • un insieme di rituali assai complessi usati prima di coricarsi;
  • la particolare idea ossessiva e assillante che la propria madre possa avere un incidente o morire: essi tentano invano di scacciare quest’idea recitando nomi di mestieri sempre più complicati;
  • scrupolosità estrema, volta a cercare la perfezione nello svolgimento dei compiti: si tratta di bambini meticolosi e ordinati che danno grande importanza al modo in cui sottolineano il loro nome in alto nel foglio e non esitano a ricominciare da capo uno scritto a causa della minima macchia sul foglio;
  • impiegare tempo prezioso a redigere dettagliati programmi per i giochi che non saranno mai eseguiti perfettamente;
  • disegni dominati dalla cura della simmetria e dal tempo infinito dedicato a completare particolari spesso inutili.

In altri casi si tratta di bambini un po’ superstiziosi che prendono l’abitudine di sottomettersi a rituali cui non sempre credono: uno di questi ad esempio immaginerà un vero e proprio rituale di scongiuri e si abituerà a dichiarare che i suoi componimenti sono malfatti per attirarsi la buona sorte e rassicurarsi circa la loro eventuale riuscita, un altro prenderà l’abitudine di contare i passi, i gradini di scale che scende, un altro ancora eviterà di camminare sulle righe del marciapiede. Senza dubbio tutti questi rituali hanno un carattere un po’ coatto.

Vediamo qui delinearsi i primi elementi strutturali del carattere ossessivo com’è ben conosciuto nell’adulto.

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