Questi oggetti sono “terapeutici” quando il bambino li vive come parte integrante del suo corpo: è necessario che corrispondano al concetto di bellezza del suo corpo.
Se il bambino li sente estranei o brutti rispetto al suo corpo non riuscirà a integrarli: avrà conseguenti crisi di rigetto, il fisico non reagirà positivamente all’intervento terapeutico, perché questi oggetti sono vissuti come punizione del proprio essere belli.
È importante sottolineare che anche indumenti – come vestiti, cappelli, divise – e qualunque oggetto da indossare incontrano e riflettono questo mondo interno del bambino.
Il bambino può investire gli occhi di grosse quantità di libido anziché le zone genitali, così attuando una equazione simbolica: “occhi = organo genitale”: gli occhi sono così sottoposti ad una vera e propria “erezione”, con eccessivo coinvolgimento della vista.
Così sbattere le palpebre o far convergere le pupille (strabismo) per ritrovare la stessa visione di quando attaccati al capezzolo si aveva una visione ravvicinata del seno e del viso della madre sono tentativi di contenimento dell’angoscia depressiva divenuta intollerante.