Giochi felici e giochi eccitati

Quando nel bambino un gioco “felice” si differenzia da un gioco “eccitato” o “irrequieto”?

Nel gioco “felice” il bambino è capace di giocare, di eccitarsi e di sentirsi pieno, senza sentirsi però sopraffatto dall’eccitazione localizzata.

Egli esprime insieme sana aggressività e gioia: diversi stati d’animo integrati con una diversità di giochi.

Segni di:

  • eccitazione;
  • irrequietezza;
  • sbilanciamento verso il polo corporeo con eccesso di rossore da tensione;
  • monotonia del gioco (fare sempre lo stesso gioco o giocare con la stessa modalità);
  • polarizzazione sulla modalità aggressiva;

indicano un coinvolgimento istintuale, ossia un non-equilibrio tra fantasia e realtà. Ciò rende il bambino incapace di godere del gioco, così come da adulto sarà incapace di godere di un concerto o di un film.

Nelle bambine:

  • il giocare a “fare la mamma” rappresenta il soddisfacimento dei desideri e contiene l’angoscia più profonda, tipica delle situazioni ansiose precoci;
  • il desiderio costante di avere delle bambole nasconde un desiderio di consolazione e di conforto, in quanto la bambina, possedendo delle bambole, ha la prova che sua madre non l’ha derubata dei suoi potenziali figli, e che quindi non le ha distrutto il corpo;
  • il desiderio di allattare e vestire le proprie bambole significa ottenere la garanzia di avere una madre amorosa, e in tal modo ridurre in sé la paura di essere abbandonata e lasciata senza casa e senza mamma;
  • il desiderio di giocare ad ammobiliare case e fare viaggi con le bambole esprime il desiderio di trovare un nuova casa, cioè di riscoprire la madre.

Nei bambini:

  • il desiderio di giocare con automobiline (e carretti, cavalli, treni, ecc.) simbolizza l’aprirsi a forza una strada nel corpo della madre;
  • il coraggio, l’abilità, l’astuzia con cui conducono i giochi di lotta e si difendono dai loro nemici sono il segno che cercano la sicurezza di poter combattere con successo il padre castratore: rappresentano in sostanza l’esigenza di diminuire in sé la paura del padre.

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