Educare alla normalità: non “fare”, ma “essere” bravi genitori

La prima fase del matrimonio, dal suo inizio sino al concepimento o alla nascita del primo figlio, è simile al “giuoco della casa”: la coppia si dedica entusiasticamente all’arredamento della casa, alle innovazioni gastronomiche, alla felice intimità sessuale, prova il piacere di una compagnia costante.

Il marito è contento di non dividere con nessuno le attenzioni e l’affetto della moglie; la moglie è felice per le gentilezze galanti che appartengono ancora al tempo del corteggiamento: serate fuori, complimenti, fiori ogni tanto, e altre cose simili.

Il matrimonio è ancora una specie di finzione e l’essenza del matrimonio, avere figli e allevarli, è estranea a questa fase.

Al concepimento o alla nascita del primo figlio il matrimonio diventa una cosa seria. Si diventa, di colpo, madre e padre. Questa evoluzione per alcuni è gradita e piacevole, per altri, con un equilibrio psichico fragile, può essere un evento drammatico.

In un matrimonio normale, il marito “fa un po’ da madre” alla moglie durante le ultime fasi della gravidanza, il parto e le settimane seguenti. La aiuterà ad occuparsi del bambino nutrendolo, cambiandolo, facendogli il bagno. Il marito non ha un istinto materno biologicamente determinato, come la moglie, ma ha la pulsione inconscia a identificarsi con la madre e ad “essere madre”. Per la moglie, invece, il lungo periodo in cui “imparava a essere madre” è giunto al termine.

La madre è in stretto e continuo contatto, in gran parte inconscio, col bambino. Attraverso questa comunicazione inconscia, la maggior parte delle madri sembra “sapere” di che cosa il bambino ha bisogno, così come la maggior parte dei bambini sembra “sapere”, almeno a livello biologico, di che cosa ha bisogno.

Progressivamente, la comunicazione consapevole e manifesta tra genitori e figlio prenderà il posto della comunicazione inconscia e non manifesta. L’acquisizione del linguaggio da parte del bambino, riduce di molto la fatica dei genitori; ha un effetto analogo l’acquisizione da parte del bambino della capacità di camminare e di muoversi con destrezza.

Se per Winnicott la sicurezza del genitore circa “il suo essere genitore” sarà l’origine della sicurezza del bambino in rapporto a se stesso possiamo dire che questo tipo di scenario sembra essere una garanzia di normalità per il bambino.

Sicuramente ci sono delle realtà che deviano il normale sviluppo del bambino. Analizzeremo nei prossimi post i fattori di vulnerabilità più determinanti in base ai quali si educa il proprio figlio all’anormalità.

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