Del saper apprezzare piccoli capolavori

 

In regalo il calendario 2011 di Ri-vivere.

Con l’inevitabile imperfezione – anche temporale – che un po’ contraddistingue i blog, ormai soprattutto quelli che con termine un po’ superato possiamo definire “amatoriali” (cioè che danno qualcosa ai lettori per il solo gusto del gesto, e con meno secondi fini possibile), per festeggiare (anche questo 100° post di Ri-vivere) ecco due regali: il calendario 2011 con dei bellissimi disegni che mi sono capitati tra le mani e con le mie osservazioni, scaricabile qui in formato PDF (30 MB, leggibile con Adobe Reader e simili) o in formato compresso ZIP (4 MB, da decomprimere con il programma apposito), e qui di seguito alcune citazioni che ho selezionato e tradotto al meglio per voi da uno splendido libro in lingua francese pubblicato in Svizzera nel 2006 in occasione di una mostra tenutasi presso il Museo di Etnografia di Ginevra, mai tradotto nella nostra lingua, dal titolo De toutes les couleurs. Un siècle de dessins à l’école, che in italiano sarebbe Di tutti i colori. Un secolo di disegni a scuola. Esso mostra tra l’altro quanto alta sia l’attenzione rivolta al disegno infantile da parte di tradizioni culturali da cui noi italiani avremmo molto da imparare. Non mi resta che augurarvi così il migliore degli anni possibile.

Pezzettini d’anima

“I disegni dei bambini sono, per gli psicologi, dei fenomeni molto interessanti. Essi ci rivelano, nero su bianco, meglio di molte altre cose, la struttura del loro spirito, la direzione delle loro preoccupazioni, la natura dei loro sentimenti. Il disegno di un bambino è un pezzetto della sua anima esposta su della carta”.

(E. Claparède, 1922)

Il realismo

“Alcun termine conviene meglio di quello di realismo per caratterizzare nel suo insieme il disegno infantile. Realista, lo è innanzitutto attraverso la natura dei suoi motivi, dei soggetti che esso tratta. Un disegno consiste in un sistema di linee del quale l’insieme ha una forma. Ma questa forma può avere, nell’intenzione del disegnatore, due destinazioni differenti. Può essere eseguita sia in vista del piacere che procura all’occhio attraverso il suo semplice aspetto visivo, sia per riprodurre degli oggetti reali. […]

Questa intenzione realista potrà essere stabilita innanzitutto attraverso il semplice esame dei disegni nella loro materialità. Sottomettendoli a un’analisi minuziosa chiarita dalle spiegazioni verbali del disegnatore, si constata la volontà di donare degli oggetti rappresentati una rappresentazione esatta, di riprodurre tutto ciò che ha scosso il bambino e che spesso un adulto di fronte allo stesso oggetto non aveva affatto notato”.

(G.-H. Luquet, 1967)

Pezzi di vita

“E’ più logico far disegnare al bambino un uomo occupato a segare del legno, che solamente la sega, perché è il movimento del va e del vieni di colui che sega che interessa il piccolo, e non il suo strumento”.

(R. Rothe, 1929)

L’occhio che pensa

“Molte delle cose che l’adulto considera come false sono giuste per il bambino, che schizza le sue case, i suoi veicoli, i suoi bonshommes non come essi sembrano, ma come essi sono in realtà. […]

Non bisogna dunque ferire, (soprattutto dopo un disegno libero) attraverso una critica troppo viva o attraverso un sorridere beffardo il sentimento naturale del bambino. Quest’ultimo, offeso nel suo amor proprio si ripiega su sé stesso e perde la sua originalità. […]

Così, ciò che è importante, il bambino non corregge il suo disegno perché egli ha visto semplicemente un modello d’albero, ma perché egli comprende che quello non può essere altrimenti. Disegnando, il bambino riflette. Egli osserva la natura”.

(J. Schwar, 1929).

Dell’utilità del disegno espressionista

“E dopotutto, perché il disegno da natura dovrebbe prendere il primo posto nell’insegnamento del disegno alla scuola primaria e secondaria? Quelli che l’affermano hanno pensato alla vita pratica? Al fatto in cosa il disegno è utile dopo l’uscita dalla scuola? Interrogate gli artigiani, i padroni, gli operai; essi vi diranno tutti che il disegno gli rende dei servizi soprattutto permettendogli di precisare il loro pensiero attraverso degli schizzi rapidi, di esprimere ciò che a parole sarebbe troppo lungo descrivere. È dunque il disegno di espressione che gli è utile”.

(R. Berger, 1937)

Fare appello al buon senso

“A misura che egli avanza nell’età, il bambino corregge i suoi errori. Il realismo visivo si sostituisce poco a poco al realismo intellettuale. In quel momento il ruolo dell’osservazione diretta diviene preponderante.

Il compito del maestro non è di sostituire di colpo il disegno corretto al disegno infantile, poiché se il bambino non ha sentito egli stesso la superiorità della nuova rappresentazione, se è stata fatta in applicazione di un principio che egli non ha ancora acquisito, egli la riprodurrà senza comprenderla, e, alla prima occasione, tornerà alla sua maniera anteriore. La correzione del disegno di immaginazione non dovrà essere altra cosa, per la maggior parte del tempo, che un richiamo al buon senso, al ragionamento, alla memoria o all’osservazione diretta”.

(AA. VV., 1942)

Maestri speciali

“Se, all’inizio, i risultati ottenuti nella mia classe […] sono stati abbastanza magri, è perché certi allievi poco dotati hanno fatto fatica a comprendere e ad applicare le consegne un po’ astratte che gli erano state date; ma soprattutto è perché gli allievi non sanno più in generale dare libero corso alla loro fantasia, abituati come sono a copiare, a imitare. Non si può dunque che applaudire a tutti gli sforzi tendenti a stimolare il loro gusto della fantasia.

Peraltro, io ho molto apprezzato il valore educativo del disegno collettivo. Niente di meglio, per sviluppare il senso sociale dei bambini, che farli collaborare, attraverso piccoli gruppi, alla realizzazione di un ‘capolavoro’ comune”.

(E. Bosko, 1957)

L’arte infantile

“Se dunque si è saputo conservare al bambino tutto il suo entusiasmo per questo mezzo ideale di espressione che è il disegno, il bambino racconterà e si racconterà attraverso il disegno. Egli non si esprimerà soltanto attraverso la forma aneddotica che è quella della scrittura, ma anche e piuttosto in una maniera sensibile che oltrepassa il linguaggio e la scrittura e fa presentire le sue zone superiori che sono quelle del pensiero astratto e dell’Arte”.

(C. Freinet, 1969)

Dei pericoli del progresso

“Si assiste un po’ dappertutto, attualmente, a una campagna di rivalutazione dell’insegnamento artistico che si dimostra tanto più necessario poiché la rapidità dei progressi tecnici, dopo aver offerto alla società incontestabili vantaggi, presenta anche dei reali pericoli. Accordare all’educazione artistica il posto che le spetta, è dare all’individuo il mezzo di lottare contro questa minaccia di disumanizzazione che lo affligge”.

(M. Veluz-Pagano, 1955)

La sensibilizzazione all’arte

“L’atmosfera nella quale i bambini lavorano ha una grande influenza sulla qualità delle loro realizzazioni; sta al maestro di renderla favorevole donando alla classe scolastica un aspetto allegro, vivo, colorato. […]

L’educazione del gusto, dalla più giovane età, deve essere una preoccupazione del maestro, e gli sforzi che egli farà con questa intenzione non saranno inutili se sono compiuti in maniera metodica. Il bambino è perfettamente sensibile alla bellezza delle opere d’arte e si è sorpresi di vedere fin dove arriva la sua comprensione dell’arte contemporanea.

L’esposizione periodicamente rinnovata di riproduzioni di opere d’arte e il loro commentario hanno sulla formazione del gusto dei bambini degli effetti reali e duraturi”

(AA. VV., 1957).

Il dispiegamento del bambino

“Ora, ci appare che, sul piano pedagogico stretto, la scuola primaria, per il fatto del suo carattere di universalità, deve meno applicarsi a favorire l’avvenire professionale di quella che essa considera come una élite in una branca di insegnamento particolare, che a intrattenere gioia e interesse per tutte le esperienze di creazione personale, quale che ne sia il valore artistico reale, presso la maggioranza degli allievi, e non distrarli mai da tutte le manifestazioni libere di esteriorizzazione attraverso il disegno. E questo tanto più che un tale esercizio di espressione contribuisce direttamente […] alla formazione di ogni individuo, giocando per lui un ruolo di liberazione sul piano psicologico, e favorisce anche la sua espansione”.

(M. Rappo, 1958)

Il bambino e l’opera d’arte

“Il disegno a scuola non cerca di formare degli artisti. Esso si indirizza a tutti gli allievi dotati o no; esso si sforza di arricchire gli uni e gli altri sviluppando il loro gusto e le loro conoscenze. Il bambino possiede spesso in sé stesso, intuitivamente, gli elementi di una creazione artistica. Si tratterà di favorirne l’espansione, da una parte, iniziandolo alle differenti tecniche, dall’altra parte, mettendolo in presenza diretta di opere di pittori”.

(A. Christe, 1964)

L’educazione artistica e la psicologia del bambino secondo Piaget

“ […] Il bambino arriva spontaneamente a esteriorizzare la sua personalità e le sue esperienze interindividuali grazie ai diversi mezzi di espressione che sono a sua disposizione: il disegno e il modellamento, il simbolismo del gioco, la rappresentazione teatrale (che procede insensibilmente dal gioco simbolico collettivo), il canto, ecc.; ma […], senza un’educazione artistica appropriata che pervenga a coltivare questi mezzi di espressione e ad incoraggiare queste prime manifestazioni della creazione estetica, l’azione dell’adulto e le costrizioni dell’ambiente familiare o scolastico finiscono in generale per frenare o per contrastare tali tendenze invece che arricchirle.

[…] Dal punto di vista intellettuale, la scuola impone troppo frequentemente delle conoscenze precostituite, invece di incoraggiare la ricerca: ma ci si accorge poco che allora l’allievo che ripete semplicemente ciò che gli si è insegnato sembra fornire un rendimento positivo, senza che si sospetti ciò che è stato soffocato di attività spontanee o di feconde curiosità. Per contro, nel dominio artistico, dove niente viene a rimpiazzare normalmente ciò che la pressione adulta rischia di distruggere senza ritorno, è sin troppo evidente che un problema si pone che impegna tutto il nostro sistema usuale di educazione.

È per questo che conviene salutare come un’azione necessaria e liberatrice tutti i tentativi volti a reintrodurre nel quadro dell’insegnamento questa vita estetica che la logica stessa di un’educazione fondata sull’autorità intellettuale e morale conduce a eliminare o almeno a indebolire. Ma, qui di nuovo – e più che altrove – bisogna guardarsi da una tentazione che minaccia ogni volta che una branca nuova di insegnamento viene introdotta: l’educazione artistica deve essere, prima di tutto, l’educazione di questa spontaneità estetica e di questa capacità di creazione della quale i bambini manifestano già la presenza; ed essa non può, ancor meno che tutte le altre forme di educazione, contentarsi della trasmissione e dell’accettazione passiva di una verità o di un ideale già elaborato: la bellezza, come la verità, non può che essere ricreata dal soggetto che la conquista”.

(J. Piaget, 1954)

Promuovere l’individualità dell’allievo

“Non si insisterà mai abbastanza nell’insegnamento del disegno sul fatto che ogni uomo differisce dagli altri per qualche lato, che nessuno è lo stesso di un altro. Svegliare la coscienza di questo è un ruolo privilegiato perché così si aiuta l’allievo a scoprirsi, trovarsi e affermarsi quale egli è. L’interpretazione secondo la quale raro sarebbe il dono del disegno non tiene che al fatto che si è voluto misurare questo dono secondo il campione del realismo. […] Uno degli interessi principali dell’insegnamento del disegno risiede nella presa in considerazione dell’individualità dell’allievo e nella promozione di quella. Questo insegnamento contribuisce anche in maniera determinante alla formazione della personalità”.

(M. Blazer, 1970)

L’espressione spontanea

“Nelle classi infantili, l’immaginazione ancora viva e originale dei bambini e un’organizzazione dell’attività creativa attraverso piccoli gruppi di lavoro rendono possibile, nelle migliori condizioni, una espressione libera e spontanea della pittura e del disegno. Il soggetto può nascere molto naturalmente dagli interessi immediati dei bambini e dall’occasione che è loro data di esprimersi. Ma ancora è necessario creare prima nella classe delle condizioni affettive e materiali indispensabili a questa creazione libera”.

(AA. VV., 1966)

Preservare l’istinto creativo

“L’esperienza pedagogica conferma […] l’esistenza di un bisogno istintivo di espressione creativa nel bambino; una delle sue manifestazioni essenziali è il gioco. Il fatto che spesso non si ritrovi nell’adulto questa disposizione istintiva è, in sé stesso, inquietante. Ciò sembrerebbe indicare che la nostra forma di società è poco favorevole al suo sviluppo. Ora, è certo che la scuola può giocare qui un ruolo determinante. Un insegnamento aperto tanto all’istinto, alla sensibilità, all’intelligenza intuitiva che alla deduzione, alla logica, all’intelligenza razionale potrebbe, sembra, meglio equilibrare la formazione generale. A questo riguardo, l’importanza che possono prendere le attività creative è evidente”.

(M. Rappo, 1968)

Questione di personalità

“Ancora bisogna che l’educazione artistica prenda la via di una influenza individuale e non di un sistema didattico impersonale. Non si insegna che ciò che si è. L’educatore non può dare a sua vera misura che in una direzione che gli è propria. I mezzi pedagogici utilizzati devono essere adattati alla sua personalità, rispondere ad un autentico impegno e non seguire semplicemente delle abitudini meccaniche sterili”.

(M. Rappo, 1968)

L’attitudine dell’educatore

“Quello che conta, non è il ‘sapere’ dell’educatore, ma la sua ‘attitudine’, la sua facoltà di mettersi alla portata del bambino in ogni circostanza. Egli ispira fiducia, crea un clima nel quale il bambino prende coscienza di sé stesso. […] Egli veglia perché ogni strumento si ritrovi sempre in un posto prescritto. Egli dà al bambino delle Abitudini che riducono le sue esitazioni e fanno sì che i suoi gesti obbediscano fedelmente alle esigenze della sua ispirazione. […] Il bambino sa che l’educatore non cerca di imporsi a lui, né di imporgli qualcosa. Egli ha bisogno di lui, come del gruppo nel quale si integra, e del luogo di questa attività”.

(A. Stern, 1966)

Un aiuto sottile

“E’ con una sicurezza dovuta alla sua incoscienza che il bambino crea in generale le sue forme. Notevolmente sensibile all’essenza delle cose, è istintivamente che egli ne percepisce gli elementi più significativi, che egli usa il contrasto delle forme, i colori, le tecniche, le materie. Ma non si lascerà fare al bambino da solo, [….]. Noi crediamo al contrario che, sottilmente condotto, il bambino può progredire: parallelamente alle sue successive prese di coscienza ed allo sviluppo della sua comprensione si persegue lo sviluppo delle sue facoltà creative”.

(G. Tritten, 1965)

La scelta del tema

“Poco importa […] che la creazione parta da una atto di memoria o di osservazione concreta, che essa sia una reazione spontanea o un’iniziativa motivata dall’esterno, che essa abbia un carattere più espressivo o più decorativo. L’importante è che essa corrisponda, nel bambino, a una volontà propria di espressione e a delle possibilità reali di esecuzione”.

(AA. VV., 1972)

Dominio della riflessione

“Il bambino ha voglia di conoscere, di comprendere e di trarre profitto, in maniera cosciente, dalle sue informazioni (senso, immaginazione, emozione).

L’insegnamento deve dunque sollecitare le sue riflessioni attraverso dei mezzi diversificati:

  • studio di un oggetto sotto tutti gli aspetti possibili: il rapporto fra la forma e la funzione, il colore e l’ambiente, la struttura e la materia, il tempo di realizzazione e il prezzo, etc.;
  • presentazione di opere d’arte originali o di loro riproduzioni e di documenti fotografici, dialogo che permetta di scoprire i loro messaggi;
  • utilizzazione e sfruttamento delle risorse offerte dalle esposizioni, i musei (di belle arti, storici, tecnici, di tradizioni popolari, etc.), le centrali di noleggio di film, le riviste;
  • studi critici di manifesti, di pannelli pubblicitari, di cataloghi di moda, etc.: relazioni elementari fra estetica, pubblicità e sfruttamento commerciale”.

(AA. VV., 1979)

L’istinto del bambino

“L’istinto spinge il bambino a occuparsi sempre in una maniera plastica. Esso determina delle forme, sia modellando della sabbia umida, disegnando delle figure con le dita o con una bacchetta, facendo delle costruzioni di tutte le specie con i materiali che gli vengono sottomano o piegando e ripiegando della carta e degli stracci. E’ sempre un’occupazione manuale, la realizzazione di un prodotto qualsiasi che gli ci vuole per soddisfarlo.

L’uomo è in effetti nato artista, produttore e inventore, creatore infine, nei limiti delle sue forze, lui che è creato a immagine di Dio. Ma il bambino, lasciato a se stesso, non sa che tastare a caso per soddisfare questo bisogno innato. Egli non raggiunge lo scopo, non realizza quello che potrebbe realizzare.

Froebel gli offre con dei materiali convenienti un mezzo facile di cui servirsi per realizzare le sue idee in una maniera soddisfacente qualsiasi opera”.

(B. Marenholts, 1859)

Riferimenti bibliografici

Zottos, É. – Renevey Fry, C. (2006). De toutes les couleurs. Un siècle de dessins à l’école (Infolio Éditions, Gollion 2006).

Claparède, E. (1922). La psicologia del disegno del bambino, in Disegni di bambini, lavori presentati al concorso dell’Almanacco Pestalozzi, Ginevra.

Luquet, G.-H. (1967). Le dessin enfantin (Neuchâtel e Parigi: Delachaux & Niestlé, 1967). Trad. it: Il disegno infantile (Armando editore, Roma 1967).

Rothe, R. (1929). Cit. in Schwar, J., Del nuovo nell’insegnamento del disegno, in Annuario dell’istruzione pubblica in Svizzera (Payot, Losanna 1929).

Schwar, J. (1929). Del nuovo nell’insegnamento del disegno, in Annuario dell’istruzione pubblica in Svizzera (Payot, Losanna 1929).

Berger, R. (1937). La riforma dell’insegnamento del disegno, in Annuario dell’istruzione pubblica in Svizzera (Payot, Losanna 1929).

AA. VV. (1942). Piano di studi della scuola primaria di giugno 1942, Ginevra, Dipartimento dell’istruzione pubblica.

Bosko, E. (1957). Estratto di una lettera di E. Bosko, insegnante, Ginevra, 1957, Archivi DIP/SG, cote AEG 1985 va 5.3.877, insegnamento del disegno, 1945-1959, n.1.

Freinet, C. (1969). Il metodo naturale: l’apprendimento del disegno, Verviers, Marabout, 1975 [1a edizione: Neuchâtel, Delachaux & Niestlé, 1969])

Veluz-Pagano, M. (1955). Introduzione, in L’insegnamento delle arti plastiche nelle scuole primarie e secondarie, Parigi, Ginevra, UNESCO, Bureau internazionale dell’educazione.

AA. VV. (1957). Piano di studi dell’insegnamento primario, Ginevra, Dipartimento dell’istruzione pubblica, 1957.

Rappo, M. (1958). Progetto di applicazione per un orientamento nuovo del disegno alla scuola primaria, settembre 1958, p. 11, Archivi DIP/SG, cote AEG 1985 va 5.3.877, Insegnamento del disegno, 1949-1959, n. 1.

Christe, A (1964). Discorso in occasione dell’inaugurazione dell’esposizione Il bambino e l’opera d’arte, L’espressione plastica nelle scuole svizzere, in L’Educatore, 1964.

Piaget, J. (1954). L’educazione artistica e la psicologia del bambino, in Arte e educazione, Raccolta di saggi, Parigi, UNESCO.

Blazer, M. (1970). Considerazioni fondamentali sul senso, la portata, lo scopo e la funzione educativa dell’insegnamento artistico, in L’Educatore.

AA. VV. (1966). Piano di studi dell’insegnamento primario, Ginevra, Dipartimento dell’istruzione pubblica, 1966.

Rappo, M. (1968). Problemi di educazione artistica, in Annuario dell’istruzione pubblica in Svizzera (Payot, Losanna 1968).

Stern, A. (1966). Aspetti tecnici della pittura infantile, Neuchâtel e Parigi, Delachaux e Niestlé, 1966 (1a edizione, 1956).

Tritten, G. (1965). Mani di bambino, mani creatrici, La Tour-de-Peilz, Edizioni Delta.

AA. VV. (1972). Piano di studi per l’insegnamento primario della Svizzera romanda, Educazione artistica, 1972.

AA. VV. (1979). Piano di studi per le classi 5a e 6a della Svizzera romanda, Educazione creativa, 1979.

Marenholts, B. (1859). Introduzione, in Jacobs J.-F., Manuale pratico dei giardini d’infanzia di Frédéric Froebel per l’uso delle istitutrici e delle madri di famiglia (Hachette, Parigi-Bruxelles 1859).

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