L’educazione e la pedagogia curativa messe in campo dai genitori si propongono di vigilare sulla crescita di un figlio affinché certe disposizioni e tendenze dello stesso non si trasformino in sintomi patologici. Esse rappresentano spesso una prima profilassi rispetto all’insorgere di una patologia più tardiva, il cui valore cresce solo se il genitore possiede un’educazione psicoanalitica e “un occhio addestrato” a cogliere soprattutto quei sintomi latenti che spesso il bambino non manifesta. Se, al contrario, il genitore diviene sostegno del sintomo di suo figlio o ne spia, sempre e solo, il lato fisico, la crescita del bambino può essere seriamente compromessa proprio dallo stesso genitore.
Nell’attuale contesto della psicoanalisi infantile l’utilizzazione del disegno è pratica corrente. Il disegno è per il bambino il miglior modo di espressione simbolica, intermedio tra il gioco e la parola. Il bambino è capace di utilizzare il disegno come l’equivalente delle libere associazioni utilizzate nell’analisi degli adulti. Infatti un analista esaminando i disegni del suo piccolo paziente si accorge che il bambino trascura quei pochi valori morali tipici della sua età, cancella o non bada alle conseguenze delle sue rappresentazioni artistiche, proclama la libertà degli impulsi come fini a se stessi, non evita la sua nevrosi, anzi la manifesta con precisi tratti di impulsività morbosa, sensi di colpevolezza, identificazioni anormali. Tutto ciò che viene prodotto nel disegno infantile, sia esso normale o disturbato, è collegato al mondo interiore dello psichismo infantile ma soprattutto con il suo mondo pulsionale: proprio il disegno dà al bambino l’occasione di proiettare vissuti che racchiudono i tanti errori compiuti dall’ambiente in cui è vissuto.
La pausa fa parte di un ritmo autentico. Se è lunga rischia di diventare inerzia, quindi va declinata con il movimento: solo così il ritmo che ne deriverà sarà continuo e armonioso. Nulla è meglio di un articolo corposo per ricominciare.
Progredire nello studio diagnostico dell’autismo presuppone un’osservazione precoce e completa per valutare tutti i parametri che permettano di convalidare ulteriormente le forme cliniche.
La “sindrome dell’autismo infantile” è stata individuata e introdotta da Leo Kanner nel 1944. Inizialmente Kanner considerava tale sindrome come un’incapacità in molti casi innata di stabilire un contatto affettivo, in seguito numerosi lavori – compresi quelli dello stesso autore – hanno attribuito l’autismo ad un rifiuto materno e a forti anomalie della relazione madre-bambino.
Tra i cambiamenti osservati nella famiglia occidentale, la partecipazione del marito e del padre ai compiti domestici e dunque anche all’allevamento dei bambini è senza dubbio evidente. Oggi non si sorride più quando si vede un padre tenere in braccio il bambino, lavarlo o metterlo a letto. Molti gli danno il biberon. Non solo, questo ruolo non sembra vergognoso, anzi appare naturale. Almeno è quello che i padri dicono spesso!
Winnicott distingue tra: una madre passabile, ossia colei che guardando il bambino sarà capace di riflettere nel proprio viso i sentimenti di quest’ultimo. Il bambino si specchia nel volto della madre in base al rapporto empatico che intercorre tra loro; una madre non passabile, individuabile come colei che è troppo presa da ansie e preoccupazioni: […]
La prima fase del matrimonio, dal suo inizio sino al concepimento o alla nascita del primo figlio, è simile al “giuoco della casa”: la coppia si dedica entusiasticamente all’arredamento della casa, alle innovazioni gastronomiche, alla felice intimità sessuale, prova il piacere di una compagnia costante.
Un bambino, a 2-3 anni, è molto turbato dalla nascita di un fratellino o di una sorellina.
Quando il bambino è in grado di lasciare l’ambiente familiare per entrare a far parte di una vita di gruppo?