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Nudo senza nido: il disegno del bambino disagiato

“Ogni bambino ha diritto ad una buona famiglia in cui crescere e niente, se non una disgrazia, può privarlo di questo diritto.” (Donald W. Winnicott, 1986) Chi è il bambino disagiato? Il bambino disagiato è colui a cui è stata sottratta l’unità della famiglia o una parte di essa. Gli è stata negata totalmente o in […]

Così parlò il bambino del suo disagio

Disagio, in senso generale, significa:

  • mancanza di agi, di comodità, condizione o situazione incomoda;
  • senso di pena e di molestia dovuto alla mancanza di capacità di adattarsi ad un ambiente o ad una situazione;
  • fastidio, incomodo, inconveniente.

In senso psicologico il disagio segna una situazione traumatica, un vero e proprio attacco, annichilente e destabilizzante, alla personalità in formazione di un bambino o di un adolescente, con conseguenze gravi a breve, medio e lungo termine sui rispettivi processi di crescita.

Mamma, papà: io non vi ho scelti!

“Il coccodrillo ha rapito a una madre il bambino. Alle preghiere di restituirlo, il coccodrillo replica che acconsentirà se la madre darà una risposta vera alla domanda: «Restituirò il bambino?». Se la donna risponde: «Sì», la risposta non è vera, e il coccodrillo non renderà il bambino. Se risponde: «No», in questo caso la risposta è vera. La madre ha quindi perduto in ogni caso il bambino.”

Il carattere e i suoi squilibri

Come in tutti i problemi che sono vicini alla formazione del carattere umano, due fattori determinano la normalità e l’anormalità dello sviluppo psichico dell’individuo: le disposizioni ereditarie innate e le influenze regolatrici dell’ambiente sullo sviluppo pulsionale, soprattutto quello della prima infanzia.

Il disegno infantile: un po’ di storia

L’attività pittorica del bambino è stata considerata per secoli una forma di espressione mancata, come osservato da Bombi e Pinto (1993). È soltanto sul finire del diciannovesimo secolo che il disegno è diventato a pieno titolo oggetto di attenzione e di ricerca.

Questa svolta si deve ai lavori di Cooke (1885) e soprattutto alle ricerche di Ricci (1887). Sull’argomento è suo il contributo alla letteratura degli inizi. Si racconta che in un giorno piovoso Ricci si trovasse sotto ad un abete da dove scorse affascinanti e goffi disegni sicuramente provenienti dalle mani di un bambino; niente di inconsueto se non fosse che da questo momento Ricci iniziò ad interessarsi al disegno ed all’arte infantile.

Una maschera di nome bullo

Il disegno, così come il gioco, ha un valore primario durante l’infanzia (nel periodo che va indicativamente fra i due e i nove anni) che non si esaurisce necessariamente con l’avvicinarsi dell’adolescenza: si avvia invece a rappresentare un segno tangibile di energie psichiche liberatorie organizzate secondo un lessico personale, che fa capo a vissuti emozionali, attuali o risalenti all’infanzia del soggetto.

L’adolescente. E il suo mondo fatto a pezzi

I comportamenti adolescenziali sono così complessi e ricchi di conflitti che non è facile descriverli, anche quando li si conosce da tempo: può essere così anche per il clinico più esperto che ha dedicato, con pazienza, parte del suo tempo alla comprensione dei mille paradossi tipici di questa fase.

Hitler e il suo romanzo familiare

L’origine e l’evoluzione delle tendenze aggressive, criminali ed omicide e la possibilità di modificarle hanno costituito per molti anni, e costituiscono tuttora, il principale oggetto di studio per molti psicologi e psicoterapeuti, motivati dal desiderio di capire chi sia il criminale e quali siano i fattori che facilitano la concretizzazione di un pensiero in un atto violento.

Mio fratello mi respinge!

Considerare la nascita di un fratellino, o di una sorellina, come un evento traumatico per il bambino è parte di un modo molto comune di pensare. Forse sarebbe giusto dire con Maurice Porot che la nascita del fratellino e quindi “la rivalità fraterna non è un difetto: è una sofferenza” perché il bambino si trova a vivere una situazione in cui tutto viene rimesso in discussione: l’affetto dei suoi genitori di cui fino a quel giorno egli era il solo a beneficiare, il posto privilegiato nella sua cameretta, il suo spazio vitale, i suoi giocattoli e tutte le sue cose. Non ci sorprende che, per l’improvvisa rivelazione fatta dai genitori del lieto evento e della felice condivisione, il bambino viva nel suo mondo profondo più un’invasione che una sorpresa.

O figlio, mio padrone!

Il bambino esiste ed ha esperienza di sé solo attraverso l’attenzione affettiva della madre. Winnicott insiste sulla necessità di “un’attitudine materna” ad adeguarsi – sul piano delle fantasie e su quello affettivo – alle prime manifestazioni di creatività del figlio, e sottolinea come sia fondamentale perché il bambino acquisti un’autentica fiducia nel suo vero Sé, in via di sviluppo e definizione.