Adolescenti e gruppo di morte

Sentimenti negativi – gelosie nascoste, risentimenti celati, ostilità – se covati nell’inconscio e tirati troppo alla lunga fanno esplodere sconsiderate forme di crudeltà e violenza. Si tratta di un meccanismo universale, che agisce nell’uomo come nella donna, nell’adulto come nell’anziano, nei bambini come negli adolescenti.

Ma le forme di violenza e crudeltà possono essere manifeste, oppure occulte e indirette. Mentre le prime sono facilmente riconoscibili perché legate ad una comunicazione aggressiva manifesta, le forme occulte di violenza sviluppano comportamenti ambigui, difficili da comprendere sia per chi li vive, che di solito “si sente un angelo”, sia per chi li subisce, che spesso non si rende conto di trovarsi di fronte a vero e proprio odio.

Nei gruppi di adolescenti è facile notare sia le forme esplicite di violenza ma soprattutto quelle occulte, che prendono origine da una frustrazione o da “un impedimento che si frappone tra l’azione del soggetto intesa a raggiungere la soddisfazione e l’oggetto dell’impulso capace di realizzare la soddisfazione stessa”(J. Dollard): è dall’inibizione dell’aggressività che derivano le forme occulte di violenza o distruttività.

La questione delle forme di violenza occulta è molto complessa e capire quali sono i comportamenti che rientrano in questa categoria permetterà di liberare dalla tensione aggressiva inibita molti adolescenti che ne sono vittima.

Ma quali sono i reali comportamenti occulti di violenza che un adolescente può vivere verso alcuni membri del suo gruppo o verso l’intero gruppo?

L’adolescente violento che non sa di esserlo è colui che:

  • all’interno del gruppo mostra continue “paure senza nome”, non permettendo agli altri di vivere: per lui è difficile concepire anche una passeggiata in campagna senza temere serpenti, insetti, eccetera;
  • continue sensazioni di essere minacciati, angosce legate a qualcosa che sta per succedere, espresse in interventi semplici come“Ho paura”: è un adolescente che non si rilassa neppure in un cibo consumato con gli altri del gruppo, visto magari come portatore di microbi o malattie;
  • è in continuo silenzio, incapace di proporre qualcosa, non esprime neanche il desiderio di parlare con gli altri delle sue paure e di dare, tramite la parola, un significato, un senso e un contenuto;
  • all’interno del gruppo si sente sempre privo di identità perché “disumanizzato”, e “trattato come animale” dal modo di fare di alcuni: di solito è un adolescente che non ama “fare corpo” con gli altri, ma ama fare coppia sempre e solo con una stessa persona;
  • teme di continuo che alcuni adolescenti del suo gruppo stiano tramando nell’occulto contro di lui e comunica questo suo presentimento ad altri per avere alleati nella sua sensazione: spesso si tratta di un adolescente con approccio persecutorio al gruppo, capace di proiettare sul gruppo la relazione primaria che ha vissuto nella prima infanzia con la propria madre.

Le forme di violenza occulta e ambivalente non sono solo unidirezionali, oltre a quelle dell’adolescente contro il gruppo, vi sono anche quelle del gruppo contro il singolo.

In questo caso per il gruppo l’oggetto privilegiato della violenza è qualche adolescente che sta cercando di mantenere e sviluppare la propria individualità: un comportamento simile o l’espressione di sentimenti personali è totalmente inaccettabile in queste atmosfere gruppali che tendono a mantenere indifferenziata l’evoluzione dei singoli.

L’individualità implicata è intollerabile e deve essere schiacciata: così un adolescente affettivamente dipendente da questo tipo di gruppo potrà arrivare al pianto, ma anche questo sentimento non incontrerà che impietose risate da parte degli altri, per i quali il soggetto sarà da considerarsi un “buffone”.

In simili circostanze, l’adolescente si sente minacciato nel suo ruolo: sembra infatti che il gruppo voglia presenziare al suo annichilimento, costringerlo in un ruolo ben definito e diventare così l’oggetto della volontà del gruppo.

L’Io in pericolo dell’adolescente immagina che lo scopo del gruppo sia proprio di farlo crollare e, in condizioni di questo tipo, i crolli non sono infrequenti. Due stati particolari possono segnare il crollo e sono: “squinternamento” e “alienazione”.

Durante il primo stato, l’adolescente si trova in una condizione di totale smarrimento, accompagnato dalla sensazione che si stia sgretolando un mondo interiore per via della frattura dei propri confini, e in questo egli sperimenta una gamma molto varia di reazioni disturbanti in arrivo.

Il termine “squinternamento” descrive le effettive esperienze di cambiamento legate a disintegrazione e collasso, e la messa in crisi tutti gli equilibri raggiunti precedentemente.

Il secondo stato è quello più estremo e si verifica quando l’individuo attraverso lo squinternamento approda ad uno stadio di semplice idiosincrasia, che si esprime con un comportamento bizzarro. Tramite queste modalità bizzarre l’adolescente riesce rimanere nel gruppo, ed evita la forma di violenza che subiva perché si stava differenziando.

Il termine “alienazione” descrive appropriatamente un adolescente di questo tipo, il quale ha perduto il suo status individuale a causa della rottura dei suoi confini e quindi sta diventando un isolato, sebbene il suo comportamento rifletta ancora la dinamica del gruppo e ne sia parte integrante.

È facile comprendere che un simile gruppo é definito “di morte” in quanto non fortifica le individuazioni di suoi membri, ma promuove un preciso movimento di indifferenziazione, stato in cui l’adolescente baserà la propria esperienza emotiva su una continua scissione tra ciò che sente e ciò che mostra e un continuo adattamento nell’identificazione non in ciò che vuole e gli piace realmente (identificazione narcisistica), bensì in ciò che gli procura paura e angoscia (identificazione con l’aggressore).

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